Scariche oscillanti
L’elettricità nei suoi principi
fondamentali
G. Marchi
1913
capitolo VIII
b) Oscillazioni elettriche
§172. - Ambrogio Fusinieri fino dal 1825, scriveva in una
memoria sopra il trasporto di materia ponderabile nelle scariche elettriche,
queste parole: (1) “ Se mai è sperabile di giungere a qualche cognizione circa
la natura delle due forze elettriche, ciò si deve attendere principalmente da
osservazioni relative alla scintilla, ove appunto quelle potenze si trovano in uno stato il più possibilmente isolato e di passaggio da un
corpo ad un altro”.
(1) Giornale di Fisica-Chimica. Pavia
1825, pag. 450-451
Dopo le esperienze di Crook, di Hertz, del Röngten e
del Righi, queste parole acquistano tutto il valore di una intuizione
profetica. Come vedremo, infatti, nel fenomeno della scintilla elettrica hanno
luogo delle azioni che a giusta ragione permettono di fare qualche fondata
ipotesi sulla natura. dell'elettricità. Gli studi del Thomson, del Rutherford,
ed infine la scoperta del radio, inducono ad una teoria generale del fenomeno,
che involge il più alto problema della natura, quale è quello della
costituzione della materia.
Lo studio. della scintilla può scindersi in due
parti : la prima che riguarda la legge matematica secondo la quale si determina
una scarica elettrica, e la seconda relativa agli effetti fisici, chimici,
meccanici, prodotti durante il fenomeno. In seguito ai progressi conseguiti
nell'analisi matematica delle correnti alternative, il primo studio potrebbe
svolgersi da un punto di vista puramente teorico, giacchè si tratta di
sviluppare ed integrare l'equazione che dà il valore dell'intensità di
corrente, in funzione della resistenza, dell'autoinduzione, della capacità e
della differenza di potenziale agente in un dato circuito.
Non potendo addentrarci in questo studio, puramente
matematico, ci limiteremo ad indicare come da esso resulti la legge delle
scariche elettriche. Ricordiamo brevemente che un qualunque circuito, nel quale
agisca una certa forza elettro motrice, possiede sempre valori determinati
della resistenza metallica (r), dell'autoinduzione(L), della capacità
elettrostatica (C). L'autoinduzione ha per effetto di far ritardare la fase
della corrente sulla differenza di potenziale agente; la capacità invece
determina un anticipo. (§ 16o) Queste due grandezze possono quindi equilibrarsi
nell'effetto finale, in modo cioè che la corrente si determini senza
spostamento di fase. Vi è un caso poi nel quale la resistenza metallica è
piccola, mentre sono grandi l'autoinduzione e la capacità ; se fra queste tre
quantità è soddisfatta l'ineguaglianza:
il circuito ha un periodo di oscillazione proprio
che è dato dalla relazione:
In altre parole: quando in un circuito che soddisfa
alle sopra accennate condizioni, si lancia una quantità elettrica, questa si
mette ad oscillare fra la capacità e l'autoinduzione, dando luogo ad una vera e
propria corrente alternativa, anche se in origine la quantità elettrica è stata
comunicata a detto circuito sotto forma di corrente continua: il periodo di
queste oscillazioni, ossia la frequenza della corrente alternativa che si forma,
è determinato dalle condizioni del circuito, cioè dalla seconda relazione
scritta sopra. Questa proprietà di alcuni circuiti, spiega dei fenomeni che
apparirebbero altrimenti inesplicabili.
Per esempio, può darsi che in una conduttura a
corrente alternativa, formata da un cavo armato, cioè possedente una capacità,
si abbia il periodo proprio del circuito uguale alla frequenza della corrente
alternativa che serve alla trasmissione In questo caso le oscillazioni fra la
capacità e l'autoinduzione avvengono con ampiezza sempre crescente, ed il
valore della differenza di potenziale che agisce in queste oscillazioni, può
aumentare tanto da divenire pericoloso e compromettere qualunque buon
isolamento.
Questo fenomeno fu riscontrato la prima volta a
Londra, in una conduttura sotterranea a corrente alternativa, constatando che,
alla distanza di qualche chilometro dalla Centrale, si aveva una differenza di
potenziale più alta di quella misurata vicino alla dinamo Il fatto venne allora
diligentemente studiato da Lord Kelvin. il quale ne dette tutta la teoria
matematica spiegando come il cavo funzionasse come un vero e proprio
condensatore elettrostatico. Da quel momento il concetto della distribuzione
della corrente nei circuiti potè definirsi con la più grande precisione. Si
riconobbe subito che la legge scoperta poteva applicarsi alle scariche dei
condensatori, i quali in certe condizioni, dovevano dare delle scariche
oscillanti; con una serie di accurate esperienze, si giunse a verificare
sperimentalmente che in certi casi la scintilla di scarica di una bottiglia di Leyda, che apparisce all'occhio come un fatto
istantaneo, è costituita in realtà da scintille elementari che si succedono con
altissima frequenza. Questo fatto acquistò un'immensa importanza, in seguito
alle geniali esperienze di Hertz.
Già il Maxwell (verso il 1870) aveva enunciata la sua teoria elettro magnetica della luce. Nel suo trattato di elettricità e magnetismo, il celebre fisico inglese si esprime in questi termini a tale riguardo:
“In diversi punti di questo trattato si è tentato di
spiegare i fenomeni elettro magnetici supponendo un'azione meccanica che si
trasmette da un corpo ad un altro con l'intermediario di un mezzo ambiente il
quale riempirebbe tutto lo spazio fra i corpi. Anche nella teoria ondulatoria
della luce si suppone l'esistenza di un mezzo. Noi vogliamo ora dimostrare che
il mezzo elettromagnetico ha proprietà identiche a quelle del mezzo nel quale
si propaga la luce.
Riempire lo spazio d'un nuovo mezzo tutte le volte
che si debba spiegare un nuovo
fenomeno, sarebbe un processo poco filosofico, invece, se attraverso lo studio
di due rami differenti di scienza siamo arrivati a formulare l'ipotesi di un
mezzo, e se le proprietà che ad esso bisogna attribuire, per render conto dei
fenomeni elettro magnetici, si trovano della stessa natura di quelle che noi
dobbiamo attribuire all'etere luminoso per spiegare i fenomeni della luce, le
nostre ragioni di credere all'esistenza fisica di un simile mezzo, riceveranno
una seria conferma.
Ora, le proprietà dei
corpi sono suscettibili di misure quantitative. Possiamo cioè ottenere il
valore numerico di certe proprietà del mezzo, per esempio il valore della
velocità con la quale si propaga una perturbazione, velocità che possiamo
calcolare con esperienze elettro magnetiche e che possiamo osservare
direttamente nel caso della luce. Se si trova che la velocità di propagazione
delle perturbazioni elettro magnetiche è la stessa della velocità della luce, e
non soltanto nell'aria ma in tutti gli altri trasparenti avremo delle forti
ragioni per credere che la luce sia un fenomeno elettro magnetico e, con la
combinazione di prove ottiche e magnetiche, ci potremo convincere della realtà
di questo mezzo, così assolutamente come, nei casi delle altre specie di
materia, ci convinciamo per le combinate testimonianze dei sensi.”
§173. - In queste parole il problema è posto in
termini chiari e precisi, mentre sono indicate le prove che confermeranno il
principio. La gloria di tale conferma era riservata ad Enrico Hèrtz che a soli
36 anni si spense dopo aver acquistato coi suoi lavori di fisica una fama
mondiale. Era nato ad Amburgo nel 1857 ; nell'85 era già professore ordinario
di fisica al politecnico di Karlsruhe e nel 1889 veniva chiamato a succedere al
grande Clausius all'Università di Bonn. Fra il 1887 e 1890 compì quelle
esperienze che dovevano provare la verità delle previsioni enunciate dal
Maxwell.
La scarica oscillante ottenuta da un condensatore
costituisce il più semplice artifizio per eccitare nell'etere una frequente
successione di onde elettro magnetiche. Infatti, come abbiamo veduto al § 148,
l'ambiente che circonda una corrente alternativa diviene sede di un campo magnetico alternato, il
quale è capace di produrre una corrente indotta in un circuito che sia
convenientemente investito da detto campo ; se la frequenza è altissima, come
nel caso di scariche oscillatorie, parimente elevato è il valore della
variazione elettro magnetica, quindi prendono il sopravvento tutti quei
fenomeni che appariscono secondari nel caso delle correnti alternative
propriamente dette, e che dipendono principalmente dalla frequenza.
Ammettendo però che la trasmissione delle onde
elettro magnetiche nell'etere, avvenga colla velocità della luce, cioè a
3oo.ooo km al secondo, resulta che una vibrazione di un centesimo di secondo,
corrisponderebbe ad un' onda della lunghezza di 3ooo chilometri. Per
esperimentare, in condizioni pratiche, occorrerebbe, cioè creare delle
oscillazioni elettromagnetiche ossia delle scariche oscillanti, aventi il
periodo di appena qualche milionesimo di secondo. Enrico Hertz riuscì ad
ottenere tale intento col suo oscillatore, capace di produrre un onda di 7
metri equivalente ad un periodo di un centomilionesimo di secondo.
L'apparecchio è costituito da un grosso rocchetto
Ruhmkorff i cui reofori del secondario sono in comunicazione con due sferette
metalliche (fig. 281) l'una vicina all'altra e
comunicanti rispettivamente con due sfere più grandi A e B. La scintilla che
si produce in C, quando il rocchetto
funziona, è una scarica oscillante ad altissima frequenza, scarica che si
ripete ad ogni impulsione elettrica determinata dall'interruttore
dell'apparecchio di induzione. Trattando degli oscillatori è opportuno fare
subito una distinzione importante riguardo al loro modo di funzionare.
Fig. 281. ‑
Disposizioni per ottenere le oscillazioni elettromagnetiche.
Supponiamo, per esempio, che si uniscano, per mezzo
di un arco metallico, le due armature di una bottiglia di Leyda in modo da
provocare la scarica: nella maggior parte dei casi questa scarica sarà
oscillante; però il carattere di tale oscillazione è differente da quello che
distingue le scariche dell'oscillatore Hertziano; in questo cioè, lo
smorzamento è rapido, mentre nel caso della bottiglia di Leyda scaricata con un
arco chiuso, lo smorzamento è lento, ed ogni scarica resulta perciò di
parecchie oscillazioni. La differenza consiste evidentemente nella diversa
maniera colla quale l'ambiente etereo partecipa al fenomeno. Nell'oscillatore
di Hertz, la parte metallica che forma le due capacità, (cioè le due sfere A e B colle
loro appendici) costituisce un conduttore aperto, fig. 282, mentre nel caso della bottiglia di Leyda, il
sistema forma un circuito chiuso. Gli oscillatori del primo tipo si dicono
perciò aperti ed i secondi chiusi
Fig. 282. ‑
Oscillatore di Hertz
Ciò premesso, vediamo quali effetti si possono
ottenere da un oscillatore aperto a smorzamento rapido. Possiamo ridurre lo
studio alla forma più elementare riferendoci alle nozioni già enunciate sulle
correnti alternative.
Quando una carica elettrica oscilla fra le due
sfere, si ha nel, conduttore una
corrente alternata che genera un campo alternato in direzione perpendicolare
alla corrente. Ora, accade qui un fatto singolare: essendo aperto
l'oscillatore, la corrente, che segue il cammino dalla sfera A alla B e
dalla B alla A,
è rettilinea, quindi il campo si estende da tutte le
parti di detta linea, involgendola cioè tutta, senza incontrare il conduttore
di ritorno, perchè questo manca, a differenza di quanto accade nei comuni
circuiti a corrente alternativa e negli oscillatori chiusi. La massa eterea che
partecipa perciò alla vibrazione elettromagnetica, può essere, in un
oscillatore aperto, indefinita, e l'onda magnetica alternativa, che ha una
velocità finita, si trasmette nello spazio, senza impedimenti, in tutte le
direzioni. Basterà quindi, saggiare, con un risuonatore simile all'oscillatore,
questo spazio in punti vari per riconoscere quali sono i luoghi nei quali l'onda
elettro magnetica ha i suoi massimi ed i suoi minimi, verificando le intensità
delle correnti indotte che si producono nel risuonatore.
Il risuonatore, non è altro che un circuito
spezzato, il quale può assumere la forma della fig. 283
o quella della fig. 282; esso viene attraversato
da una corrente indotta ogni volta si trovi ad essere influenzato da una
vibrazione elettro magnetica. Il sistema può esser quindi assimilato ad un
trasformatore : il primario è l'oscillatore; il campo è l'etere circostante:
l'oscillatore funziona da secondario; ma la differenza sostanziale sta in
questo : che la frequenza è altissima, che i due circuiti sono aperti e che,
perciò, la massa magnetica, (l'etere) può assumere dimensioni grandissime.
Fig. 283 Risuonatore per rivelare le onde
elettro-magnetiche
Con oscillatori chiusi la similitudine coi
trasformatori comuni è più perfetta. Così per esempio, nel sistema ideato dal
Lodge, due bottiglie di Leyda sono disposte come sulla fig.
284, nella quale l'oscillatore, (primario) è rappresentato dalla
bottiglia A e dal circuito esterno B C E D, mentre il risuonatore, (secondario) è
un'altra bottiglia A, che ha un circuito
esterno simile a quello della prima B’
C’ D’ :
l'effetto della induzione, quando avviene una scarica fra le sferette E del primario, si rivela con una scintilla in X, che scocca fra una strisciolina di stagnola,
disposta opportunamente sull'orlo del vaso di vetro in modo da comunicare con
l'armatura interna, e giungere, al di fuori, in vicinanza di quella esterna. Il
fenomeno accade anche quando le due bottiglie sono collocate a qualche metro di
distanza fra loro.
In questo caso però l'onda elettro magnetica non è
smorzata, ossia la vibrazione eterea ha una lunga durata, perciò, se il periodo
proprio di oscillazione del risuonatore, o secondario, non è uguale a quello
dell'oscillatore, l'effetto non si ottiene. E' necessario quindi rendere i due
circuiti sintonici aventi cioè lo stesso periodo di
oscillazione. A questo scopo, sul circuito della seconda bottiglia è disposta
una parte mobile m - n fra i due rami a - b e c - d del circuito stesso, in maniera da poter
regolare la resistenza fino a ridurre il periodo perfettamente uguale a quello
del circuito d'eccitazione.
Fig. 284 – Oscillatore e risuonatore chiuso, sistema
Lodge
Nel caso dell'oscillatore aperto, essendo le ondulazioni rapidamente smorzate, le onde di emissione sono in
piccolo numero ed invadono un più grande spazio, quindi il risuonatore può
rilevarne l'esistenza con maggior facilità. Infatti, se nella disposizione di
Hertz si trasporta il risuonatore dinnanzi alla scintilla, a qualche metro di
distanza, si rileva in quasi tutti i casi, una piccola scintillina che si
produce al punto di rottura del risuonatore.
Con la disposizione della figura
285 si rendono manifesti i fenomeni a più grande distanza e con maggior
facilità. Alle due sfere si sostituiscono due lastre di ottone A A' e si collega, dietro ad una di queste, una
terza lastra P alla quale va unito un
lungo filo b a c che si dispone orizzontalmente
e in direzione perpendicolare alla direzione della scintilla. Se per mezzo di
un risuonatore O, si studia lo spazio
sottostante al filo, si riscontra che le posizioni corrispondenti al massimo
splendore della scintilla nel risuonatore, si succedono,
lungo la direzione del filo, a distanze uguali : questa uguaglianza dimostra
che nel sistema si producono delle onde stazionarie aventi una certa lunghezza,
la quale è uguale, al doppio della distanza fra i due massimi riscontrati col
risuonatore. Conoscendo allora il periodo della oscillazione, ossia la
frequenza, resta determinata la velocità di propagazione che è:
Velocità
= lunghezza dell'onda / durata di un'oscillazione
Con
esperienze simili Hertz potè constatare che realmente la velocità di propagazione
delle onde elettro magnetiche è uguale. alla velocità della luce, cioè a
3oo.ooo km. al secondo.
Fig. 285 ‑
Esperienza per rivelare la lunghezza di onda.
Fatto questo primo passo, non restava che continuare lo studio su più larghe basi per dimostrare che le vibrazioni elettro magnetiche godono proprietà simili a quelle delle vibrazioni luminose. L'Hertz messosi su questa via, riuscì a combinare interessanti esperimenti che confermarono tutte le previsioni. Il Prof. Righi di Bologna, continuando i lavori del celebre fisico, seppe sistemare tutte le esperienze con metodo rigoroso per dimostrare che le interferenze, le riflessioni, le rifrazioni che si verificano coi raggi di luce, possono ripetersi con le vibrazioni elettro magnetiche.
§174 - Erano a questo punto gli studi, quando
Guglielmo Marconi ebbe la geniale idea di adoperare la proprietà delle onde
elettro magnetiche per la trasmissione di segnali. Riandando a quel periodo di
tempo, è da ricordare che fu data la notizia della scoperta senza tuttavia
comunicarne i particolari. Pur essendo conosciute le disposizioni adoperate
dall'Hertz, e quelle più perfette studiate dal Righi, non riusciva chiaro come
si fosse potuto vincere la difficoltà formidabile di superare le grandi
distanze. Tale ignoranza perdurò fino a che la scoperta non entrò nel dominio
pubblico, né alcuno seppe anticipare qualche spiegazione plausibile che potesse
dar ragione del fatto ; perciò, quando fu noto il mezzo semplice col quale è
risoluto il grande problema, tutti dovettero convincersi di essere innanzi ad
una di quelle menti che risolvono i più ardui problemi con l'intuizione del
genio. Gli studi ulteriori del Marconi, gli apparecchi meravigliosi che egli
seppe escogitare per render perfetto il suo sistema, dimostrarono poi che il
giudizio non era errato.
Aggiungete al sistema adoperato dall' Hertz per le
esperienze, due aste conduttrici
verticali, delle quali una in prossimità dell'oscillatore e in contatto con
esso, l'altra presso il risuonatore e con questo in comunicazione, e la
trasmissione si effettua a distanze assai più grandi di prima; aumentate
l'energia in azione rendete più sensibile il risuonatore e la distanza può
raggiungere dei chilometri. La soluzione non potrebbe essere più semplice né
più importante tanto dal punto di
vista pratico, quanto da quello teorico La questione del coherer è affatto
secondaria, giacchè questo strumento può essere variato in mille modi e
serve solo a rivelare la presenza
elettromagnetica. Il coherer era formato nelle prime esperienze di Marconi, da
un risuonatore racchiuso in un tubetto di vetro contenente della limatura o
polvere metallica.
Quando tale strumento è influenzato da qualche onda
elettro magnetica, che dia origine ad una lieve scarica elettrica, la sua
resistenza diminuisce in modo tale da permettere il passaggio di corrente di
una batteria locale di pile. La constatazione di questa proprietà delle polveri
metalliche fu fatta per la prima volta dal Prof. Calzecchi; Branly, più tardi,
fece esperienze simili.
Un coherer abbastanza sensibile può esser facilmente
costruito adoperando un tubetto di vetro di circa 4 mm. di diametro interno, e
due cilindretti di ottone, o meglio d'argento, saldati alle estremità di due
asticciuole metalliche. I due cilindretti a
e b, fig. 286,
si infilano nel tubo di vetro dopo aver messo in detto tubo circa 0,20 grammi
di polvere o limatura fina di argento, mischiata con limatura di nichel. Si
avvicinano i due cilindretti fino al centro del tubo, in maniera da obbligare
la limatura ad occupare tutto il breve spazio che intercede fra un cilindretto
e l'altro, senza peraltro che detta limatura rimanga compressa o schiacciata.
Si può esperimentare la proprietà del coherer nel modo seguente:
Fig. 286. ‑ Coherer.
Si disponga, come in fig. 287
un coherer, in comunicazione con una pila e con un galvanometro in modo che i
tre apparecchi formino un solo circuito, ossia resultino montati in serie. Si
osserverà che, in condizioni normali, la corrente della pila non passa, perchè
ne è impedita dalla grande resistenza
offerta dalla polvere metallica del coherer. Basterà però che in vicinanza di
tali apparecchi si faccia scoccare una scintilla di una bottiglia di Leyda o di
una macchina elettrica, per vedere istantaneamente la deviazione dell'ago del
galvanometro. Più sicuro ed immancabile, è l'effetto se si accosta la bottiglia
di Leyda ad una parte qualunque del circuito in modo che la scintilla si
scarichi su di esso.
Fig. 287 – Circuito munito
di coherer, per rivelare le onde elettromagnetiche
Il Lodge, spiega il fenomeno ammettendo che al
passaggio di una scarica elettrica in mezzo alla limatura, le particelle di
questa rimangono unite da microscopiche scintille che stabiliscono fra di esse
dei contatti, rompendo gli strati di ossido esistenti; tale spiegazione è
probabilmente esatta, tanto più che basta un urto sul coherer per far ritornare
la resistenza di esso allo stato primitivo, e basta una nuova scarica per
ridurre ancora una volta la resistenza elettrica ad un valore limitato.
Se al sistema della figura
287 si aggiunge, in un punto qualunque del circuito, un'asta conduttrice
verticale, di qualche metro (che si può fare anche con una pertica a cui sia
legato un filo) la sensibilità dell'apparecchio, a scintille che scoccano
lontano da esso, aumenta assai. Se poi si facesse comunicare il sistema con la
conduttura di un parafulmine, si vedrebbero segnalate dal galvanometro le più
lontane burrasche con deviazioni che si ripetono ad ogni lampo o fulmine.
Per mettere
però il coherer in condizione di funzionare successivamente ad ogni emissione
di onde, bisogna che. esso, riceva un urto volta volta che la sua resistenza si
è modificata. Per ottenere un tale scopo, automaticamente, si dispongono le
cose come è indicato nella fig. 289; si inserisce
cioè nel circuito un'elettrocalamita R1
che comanda un'ancora oscillante in tutto simile a quella delle comuni
suonerie; quando per effetto di un'onda, la corrente passa, l'ancora è attratta, e il martellino, che ad essa è attaccato, va
ad urtare replicatamente il coherer, finchè la sua resistenza non sia
ricondotta al valore primitivo Ciò premesso, non rimane alcuna difficoltà per
intendere il funzionamento della telegrafia senza fili, sistema Marconi.
Le fig. 288 e 289 indicano schematicamente la disposizione dei circuiti e delle
varie parti.
Nella fig. 288, A è l'asta che porta il conduttore verticale, il
quale comunica con una delle sfere R
dell'oscillatore, mentre l'altra sferetta è generalmente unita colla terra T. Ad ogni emissione di corrente della pila P, operata mediante il tasto I, funziona l'oscillatore alimentato dal rocchetto
di induzione. Si ottiene così una serie di onde elettromagnetiche che si
irradiano dal conduttore dell'asta A,
nello spazio circostante.
Fig. 288 ‑
stazione radiotelegrafica di trasmissione
Il ricevitore è rappresentato in schema sulla fig. 289. Una breve emissione di corrente dalla
stazione che trasmette, riduce la resistenza del coherer ricevente, il quale,
perciò, viene attraversato dalla corrente della pila P che fa funzionare il relais R
chiudendo, di conseguenza, il contattto m.
In seguito, a ciò, funziona l'apparecchio telegrafico I, segnando un punto sulla zona, ed il trembleur R1, urta il coherer riducendone la
resistenza alle condizioni primitive; questi due circuiti sono derivati ai poli
della batteria di pile P1.
Fig. 289
Stazione radioltelegrafica ricevente
Un'altra onda può determinare, poi, una successiva
sensibilizzazione del coherer ed un altro punto sulla zona dell'apparato, per
modo che una serie di frequenti emissioni
di onde alla stazione di partenza, corrisponde ad una rapida e breve
serie di punti al ricevitore; tale serie costituisce un punto
dell'alfabeto Morse ; la linea, invece, viene indicata con una serie
più lunga di punti.
Nei sistemi attuali più perfezionati sono impiegati
rivelatori elettromagnetici, aste di trasmissione multiple ed apparecchi
ausiliari più complessi. Il principio fondamentale però resta sempre lo stesso,
e si riassume nella singolare proprietà del conduttore verticale dì trasmettere
nell'etere, a grande distanza, la vibrazione elettro magnetica.
c)
L'energia luminosa.
§175. ‑ Lo studio combinato della
distribuzione di una corrente alternata in un circuito, e della scarica dei
condensatori, aveva portato ad una conoscenza più esatta del complesso fenomeno
elettrico, confermando le vedute del Maxwell e di Faraday circa la
partecipazione del mezzo alla conducibilità elettrica e circa le somiglianze
fra i fenomeni luminosi e quelli elettro magnetici. Il concetto dell'esistenza
dell'etere, come tramite fra i corpi materiali per trasmettere le azioni a
distanza, ne usciva fortificato e confermato da nuovi fatti sperimentali. A
questo punto nuove scoperte completarono il quadro delle conoscenze sulla
intima relazione fra luce, elettricità e magnetismo. Per rendersi ragione
dell'importanza di tali scoperte, bisognerebbe riassumere tutta la successione
di studi compiuta fino dall'epoca di Newton sui fenomeni luminosi: un tale
riassunto però acquisterebbe un'estensione troppo grande, ci dovremo perciò
limitare a qualche cenno sommario
indispensabile per definire la terminologia.
Newton emise l'ipotesi che la luce consista
nell'emissione di corpuscoli proiettati in linea retta e determinanti con la
loro riflessione, le impressioni visive ; Huyghens invece formulò l'ipotesi
delle ondulazioni, secondo la quale la luce consisterebbe in un moto vibratorio
rapidissimo delle molecole ed atomi della sorgente luminosa, moto che si
propaga nell'etere con la velocità di 3oo.ooo km. al secondo. Gli studi
ulteriori di Young e di Fresnel portarono un contributo così efficace alla
teoria delle ondulazioni che essa fu accettata da tutti i fisici.
Le sensazioni luminose si riducono così, come quelle
dei suoni, a comunicazione di movimento. Secondo detta teoria l'oscillazione o
vibrazione dell'etere si compirebbe trasversalmente al raggio di propagazione,
in guisa simile cioè, alla sinuosa che si propaga in una corda tesa quando si
scuote una delle sue estremità. La lunghezza di un'onda sarebbe quindi la
distanza fra due rigonfiamenti successivi, come la lunghezza di un'onda marina
è misurata dalla distanza fra le due creste che successivamente si formano
l'una dietro l'altra.
Newton, che studiò pel primo lo spettro solare
ottenuto con un prisma, attribuiva i colori delle diverse parti dello spettro
alla varia grossezza dei corpuscoli luminosi; nella teoria delle ondulazioni,
invece, l'azione del prisma si ridurrebbe ad una scomposizione delle vibrazioni
elementari, aventi lunghezze d'onda differenti. Le vibrazioni più corte formano
il violetto, e via via le più lunghe, tutte le altre gradazioni di colori fino
al rosso. Le dimensioni di tali onde, calcolate in base alla velocità di
propagazione della luce, variano da 396 milionesimi di millimetro per quelle
violette, che sono le più brevi, a 760 milionesimi, per quelle rosse, più
lunghe. Ciò equivale a dire che la luce violetta vibra colla frequenza di circa
800 trilioni di periodi al secondo e quella rossa con la frequenza di circa 400
trilioni.
Per fare subito un confronto con altre specie di
vibrazioni, possiamo ricordare che le onde elettro magnetiche ottenute nelle
esperienze di Hertz, hanno una lunghezza non inferiore a mezzo metro e perciò
una frequenza non superiore a 6oo milioni di periodi al minuto secondo. La più
lunga onda luminosa avrebbe cioè una frequenza quasi un milione di volte più grande della più corta onda elettromagnetica.
Se poi facciamo il paragone con le onde sonore. che
si propagano nell'aria colla velocità di 333 metri per secondo, si trova che il
suono più basso ha circa una trentina di vibrazioni al secondo e il più acuto
circa 40000 ; oltre questi limiti il
nostro orecchio non ode più alcun suono. Ciò non pertanto, appare che
l'estensione di sensibilità dell'orecchio, nel rapporto della più corta alla
più lunga vibrazione percepita, è maggiore di quella dell'occhio. L'orecchio ha
una sensibilità che si estende oltre io ottave, mentre l'intervallo percepito
dall'organo visivo va dal semplice al doppio: un ottava soltanto.
Vi possono essere perciò delle ondulazioni luminose
che l'occhio non vede, come vi sono vibrazioni sonore che l'orecchio non ode.
Non sarebbe improbabile, per esempio, che l'aria fosse attraversata da un
frastuono immenso di acutissimi suoni aventi un periodo di oscillazione
superiore a 40.000 vibrazioni, mentre noi godremmo il più assoluto e perfetto
silenzio. Così in una notte oscura, o in una profonda caverna, possono
intersecarsi raggi simili a quelli della luce, senza che essi risveglino la
sensazione visiva sulla nostra rètina. E' noto come per mezzo del prisma si
ottiene la scomposizione della luce bianca: i sette colori elementari si
dispongono nello spettro in ordine alla loro lunghezza di onda; alle due
estremità dello spettro stanno il violetto e il rosso, in mezzo, dopo il
violetto", succede l'indaco, il turchino, il verde, il giallo,
l'arancione. I passaggi fra l'un colore e l'altro hanno una gradazione di tinta
dolcissima; l'occhio vi si ferma con una sensazione gradevole come se afferrasse
un'armonia, un accordo, una musica di colori. E' pure noto che tutta la scala
dello spettro solare è striata da moltissime righe nere, trasversali, che si
rivelano soltanto con un attento esame e con apposite lenti. Dette righe,
scoperte da Fraunhofer, furono da lui stesso identificate colle lettere :
A, a, B C, D, E, b, F, G, H
Mediante il confronto degli spettri ottenuti con
diverse sostanze portate all'incandescenza, fu possibile, in seguito, istituire
quel sistema di analisi spettrale che permise di determinare la costituzione
del sole e delle stelle.
Il concetto che informa il metodo di analisi
suaccennato è facilmente comprensibile mediante la teoria delle ondulazioni.
Astrazione fatta dalle diverse qualità di vibrazione o di oscillazione,
possiamo considerarle tutte, siano esse inerenti alla materia sensibile o
all'etere cosmico, sotto un medesimo punto di vista. Tutte seguono la legge
fondamentale delle oscillazioni pendolari ; ogni sistema ha un modo proprio di
vibrare, e dà, quando vibra, un
moto, un suono, un colore, un'onda elettromagnetica caratteristica,
avente cioè un periodo fisso, una lunghezza determinata.
Questa proprietà
universale si riassume nella classica osservazione di Galileo sull'
isocronismo delle piccole oscillazioni di un pendolo. Il periodo di tali
oscillazioni si mantiene sempre uguale, e non dipende dalla massa ma dalla
lunghezza del pendolo; tutti i sistemi elastici oscillano seguendo una legge
simile.
Da tale principio si deducono delle conseguenze
importanti che spiegano l'andamento generale della trasmissione dei movimenti e
delle azioni a distanza. Se ad un sistema elastico qualunque X, disposto
per la sua particolare
costituzione ad oscillare con un frequenza di vibrazioni n,
comunichiamo una serie di impulsi aventi appunto la frequenza n,
il sistema X giungerà in poco
tempo ad assumere una oscillazione amplissima anche se la serie di
impulsi a lui comunicata è di piccola intensità. Se invece, questa serie non ha
la frequenza n, propria al modo di vibrare del sistema
X, ma una frequenza n1 comunque diversa, il moto di X
risulterà irregolare, nè potrà mai assumere delle grandi ampiezze di
oscillazione. Vi è un esempio chiarissimo per illustrare questo principio.
Supponiamo che un fanciullo voglia far suonare una
pesante campana oscillante, aggrappandosi alle sue funi. Se farà degli sforzi o
disordinati, o troppo frequenti o troppo lenti, non giungerà mai a mettere la
massa in movimento, ma se applica la sua fatica in sforzi perfettamente
accordati col periodo di oscillazione col quale la campana è disposta a
muoversi, giungerà a comunicarle il movimento, prima quasi insensibilmente, poi
con ampiezza sempre maggiore, perchè ogni successivo sforzo trasmesso alla
fune, si comunica alla massa e si somma con tutti gli sforzi periodici
precedenti. Così su un'altalena, si può giungere ad un'ampia oscillazione
spostando il centro dì gravità del corpo, ritmicamente, con intervalli di tempo
accordati e proporzionati alla lunghezza del trapezio.
Questo fatto è più una legge logica che meccanica,
ed appartiene a quella serie di verità che hanno applicazione universale basta
spingere l'osservazione verso qualunque manifestazione dell'essere per vederlo
ripetere e confermare continuamente.
Le risonanze che si verificano in un circuito
elettrico (§ 161), sono una manifestazione di tal fatto, come quelle che si
ottengono fra due corde vibranti tese a qualche distanza fra loro, quando sono
accordate sul medesimo tono.
Alcune
anomalie apparenti che si verificano durante le grandi scosse sismiche, hanno
la medesima origine; talvolta accanto ad un fabbricato quasi intatto, si hanno
rovine complete di costruzioni che sarebbero stimate più solide, probabilmente
perchè queste hanno assunto, per il loro periodo proprio di vibrazione, degli
spostamenti assai più ampli e disastrosi.
Nei
riguardi dei fenomeni luminosi, tale fatto si svolge egualmente per le
vibrazioni da cui detti fenomeni hanno origine. I diversi atomi hanno
attitudine a vibrare in un dato modo come fossero sottili corde tese o timbri,
o membrane; così, all'urto di un fascio di luce bianca, che contiene tutta la
gradazione di onde di varia frequenza, essi rispondono con quella vibrazione
che è loro propria ossia con quel colore che è il loro tono.
Le esperienze che possono eseguirsi con lo
spettroscopio confermano poi in modo mirabile tali vedute. Mettendo, per
esempio, un poco di sale comune (cloruro di sodio) in una fiamma a spirito, si
ha una luce gialla che al prisma dà, nel luogo della riga D dello spettro
solare, una riga di un bel giallo brillante. Sovrapponendo allora a tale spettro, quello che si ottiene ponendo dietro alla
fiamma una luce più viva, per esempio un raggio di luce solare, la riga gialla
appare una stria nera. Tal fatto trova la sua spiegazione nell'assorbimento che
viene operato dai vapori di sodio di tutte le onde luminose che vibrano con lo
stesso periodo di detti vapori, in maniera cioè da appropriarsi la forza viva
che esse posseggono. In confronto a tutto il resto dello spettro, che è
determinato da una luce fortissima la riga del sodio rimane più oscura e
apparisce nera, perchè il vapore di sodio contenuto nella fiamma ha un calore
minore di quello della luce di emissione.
In base a tale principio è possibile dunque scoprire
quali vapori incandescenti sono contenuti in una fiamma, giacché ogni corpo
semplice dà una riga caratteristica, che si delinea in posizione fissa e
determinata sullo spettro.
Le righe di Fraunhofer indicano quindi la presenza
di vapori incandescenti nella fotosfera solare, e non resta difficile rilevare
la qualità di tali elementi per mezzo di confronti sistematici, eseguiti come
sopra si è detto. Fu così accertato che il sole si compone di quasi tutti gli
elementi che costituiscono la crosta terrestre.
Ma la parte luminosa e visibile dello spettro solare
non è la sola che interessa, al di là de due estremi, si prolungano delle
radiazioni che non si apprezzano con l'organo della vista, ma che producono
reazioni ben definite. Anzitutto, le onde di varia lunghezza, ossia tutti i
colori, producono sensazione di calore, ma tale sensazione è più forte quanto
più ci si avvicina al rosso, e continua anche oltre questa regione. Vi sono
dunque dei raggi oscuri calorifici che hanno una lunghezza d'onda troppo estesa
per essere visibili, ed una frequenza assai più lenta dei colori veri e propri.
Dalla parte opposta dello spettro poi, cioè oltre il violetto, si estende una
regione di onde pure invisibili perchè cortissime e molto frequenti, che hanno
però un alto potere chimico sono cioè capaci di impressionare facilmente le
lastre fotografiche.
Il padre Secchi, nella sua magistrale opera sul
Sole, riporta questi dati del Miller e Mascart, sulla lunghezza e frequenza
delle varie onde dello spettro :
Le radiazioni contrassegnate con (a) sono
invisibili; costituiscono cioè dei raggi oscuri calorifici i primi, d'onda più
lunga, chimici gli ultimi, aventi il periodo più frequente e l'onda breve. E’
importante notare subito, a proposito dei raggi ultra violetti a piccola
lunghezza di onda, che essi godono la proprietà dì scaricare un corpo
elettrizzato sul quale sieno proiettati. Vedremo quale importanza abbia per la
teoria questo fatto, che conferma una volta di più l'intimo legame fra
elettricità e luce.
§176. La scintilla elettrica nell'aria libera, alla pressione ordinaria si
manifesta fra due conduttori situati a qualche distanza fra loro, quando la differenza di potenziale è molto elevata. A prima vista, il fenomeno
appare un fatto fisico non tanto complesso,
in quanto si spiega come un effetto di una scarica violenta che rende
incandescenti i corpuscoli di materia che essa percorre, come una corrente
riscalda un conduttore. L'esame più approfondito del fenomeno mette però in evidenza dei fatti nuovi,
complessi e di somma importanza.
Abbiamo
già spiegato che una. scarica elettrica pur avendo l'aspetto di un fatto istantaneo, può essere costituita in realtà da una successione di
oscillazioni a periodo brevissimo
quando, il
circuito si trovi in condizioni particolari. Questo fatto dà luogo ad una
resistenza apparente che fa assumere alle scariche delle proprietà singolari.
A
questo riguardo sono interessantissime le esperienze del Tesla, che ha voluto produrre delle oscillazioni,
ed altissimo potenziale. A questo scopo il Tesla adotta la disposizione indicata
nella fig. 290.
Fig. 290 – Disposizione
Tesla per ottenere l’alta frequenza
R
è un rocchetto di induzione il quale carica i condensatori a e b
producendo delle scariche oscillanti n.
La
corrente oscillatoria che si produce nel circuito passa nel primario di un
trasformatore T, il cui secondario
S è formato di un filo
sottilissimo e scrupolosamente isolato.
La tensione al secondario del trasformatore, risulta
perciò molto elevata, ed ha una frequenza eguale a quella che viene prodotta
nell'oscillatore n.
Gli effetti sono sorprendenti : nonostante
l'elevatissima tensione si può chiudere il circuito secondario con le mani
senza risentirne alcuna scossa: dai reofori partono effluvi luminosi azzurri di
bellissimo effetto; un tubo a vuoto situato a qualche distanza
dall'apparecchio, si illumina : un filo nudo in contatto con uno dei poli del
secondario, ed isolato, getta effluvi di luce, ecc.
Si può inoltre provare l'importanza che assume la resistenza apparente nel caso di correnti ad alta frequenza; basta far passare la corrente in un grosso filo piegato ad U collocando poi in derivazione fra i suoi due rami una lampadina ad incandescenza (fig. 291). Se si trattasse di una corrente continua, od anche di una corrente alternata a bassa frequenza, si avrebbe il passaggio del flusso elettrico, quasi tutto nel grosso filo di rame piegato ad U, il quale ha una resistenza trascurabile in confronto di quella della lampada, quindi si scalderebbe, forse, il filo di rame, ma la lampada rimarrebbe spenta; nel caso della scarica oscillante ad altissima frequenza accade il contrario : quasi tutta la corrente percorre il circuito più resistente invece di attraversare il filo di rame, e ciò perché il campo magnetico che viene generato intorno a detto conduttore, induce in esso una forza elettro motrice sufficiente per ostacolare un ulteriore passaggio d'intensità ; il conduttore stesso acquista resistenza apparente elevatissima, ed il fenomeno segue perfettamente la legge che abbiamo presa in esame al § 153.
Fig.291 – Esperienza colle correnti ad alta frequenza
Da questa esperienza, e da altre simili che si
potrebbero facilmente eseguire colle scariche oscillanti, si deducono alcune
considerazioni utili per spiegare i fenomeni delle scariche atmosferiche. In
alcuni casi dette scariche sono oscillanti, quindi incontrano resistenze
apparenti grandissime per attraversare dei circuiti buoni conduttori,
specialmente se detti circuiti hanno forma ripiegata o anche soltanto
leggermente elicoidale ; avviene, in questi casi, che la scarica colpisce a
preferenza i cattivi conduttori, talché anche il migliore dei parafulmini
rimane senza efficacia.
Si è cercato di modificare tale stato di cose,
inserendo dei condensatori nei conduttori di terra dei parafulmini, ma il
problema non si presta ad una soluzione generale, perché il periodo di
oscillazione delle varie scariche è variabilissimo e dovrebbero variare caso
per caso le costanti della condotta per renderla atta a portare le diverse
correnti oscillanti.
La proprietà dei circuiti a spirale è però bene
utilizzata negli impianti elettrici, per proteggere le centrali dalle scariche
che potrebbero esser guidate ad esse dalle linee esterne : a questo scopo
vengono inserite sulla linea, prima del loro ingresso nei fabbricati, le così
dette spirali di impedenza, costituite da un breve filo dì rame piegato ad
elica, il quale, mentre non ostacola affatto il passaggio della corrente
normale, rappresenta un impedimento insormontabile per le scariche atmosferiche
di carattere oscillatorio. Prima di dette spirali è inserito uno speciale
scaricatore a corna, attraverso il quale
si trasmettono alla terra le eventuali scariche atmosferiche; la forma
particolare di tali scaricatori favorisce l'estinzione dell'arco che tende a
sollevarsi verso la parte più larga dello scaricatori ed a spegnersi per
l'aumento di resistenza dovuto alla crescente distanza fra i due rami di esso.
Fig. 292-293 Disposizioni per ottenere delle scariche
oscillanti ad elevata frequenza
Le fig. 292 e 293,
rappresentano le disposizioni più semplici per ottenere delle scariche
oscillanti a frequenza elevata, per mezzo di un rocchetto di induzione, sul
circuito secondario del quale è combinata una capacità ed un filo avvolto a
spirale che ha una grande autoinduzione.
§177‑ Nelle scariche normali che si ottengono colle macchine
elettrostatiche o coi rocchetti di induzione, la scintilla nell'aria libera ha
un aspetto brillante e si produce con uno scoppio caratteristico, che è molto
intenso quando si muove nella scarica una grande quantità di elettricità. Nelle
scariche atmosferiche fra nube e nube, o fra le nubi e la terra, tale scoppio è
fortissimo e si ripercuote nei numerosi echi prodotti dalle nubi stesse, dando
origine a quelle serie, talvolta lunghissime, di tuoni, che caratterizzano le
grandi tempeste.
La lunghezza della scintilla nell'aria dipende dalla
differenza di potenziale ; con 3000 volta si ottiene una scintillina di appena
mezzo millimetro, ed occorrono circa 1oo.ooo volta per avere una scintilla di
10 centimetri.
Però,
per i potenziali elevati, la distanza esplosiva, ossia quella distanza che
nell'aria libera è la minima sufficiente per provocare la scarica sotto forma
di scintilla, aumenta molto più del l'incremento del potenziale. Così, se per
produrre una scintilla di 1 mm. occorrono circa 5.000 volta, per una di 100 mm.
non importa disporre di una differenza di potenziale di 500.000 volta, ma
bastano circa 1oo.ooo. Ciò fa ritenere che la differenza di potenziale agente
nelle grandi scariche atmosferiche, le quali provocano delle scintille
lunghissime, non sia elevata quanto risulterebbe da un rapporto semplice
calcolato in base alle distanze esplosive che si verificano nelle esperienze di
laboratorio. Questa questione è però complicata, dipendendo la distanza esplosiva,
non solo dallo stato dell'atmosfera, ma anche dalla forma dei conduttori, e,
come appresso vedremo, dalle influenze estranee che possono essere provocate da
vibrazioni luminose ed elettro magnetiche,
Le fig. 294 e 295 rappresentano gli aspetti più comuni delle
scintille che si ottengono colle comuni macchine elettrostatiche , quando la
distanza esplosiva è grande, si ottengono delle ramificazioni oppure degli
effluvi accompagnati da un forte soffio di aria.
Fig. 294-295 – Aspetto della
scintilla elettrica nell’aria
Le scintille date dai rocchetti di Ruhmkorff sono in
generale più forti ed assumono l'aspetto di fuochi luminosi scoppiettanti, e di
grande lunghezza. (fig. 296). Ma un interesse
particolare offrono le scariche nel vuoto o nei gas molto rarefatti, perciò ne
indicheremo le caratteristiche principali nel capitolo seguente.
Fig. 296 – Scintilla
ottenuta con un grande rocchetto di Ruhmkorff